Macron ha vinto e anche nettamente

Macron ha vinto e anche nettamente

Ha contato molto l’economia, che in Francia non va così male come si dice. Ora che i partiti storici sono stati cancellati, il centro di Macron ha saputo arginare le ali estreme.

Mentre uscivano gli exit poll e poi le proiezioni sul duello Macron-Le Pen molti commentatori sottolineavano l’avanzata della destra, mai così forte, e la flessione del presidente uscente. Qualcuno si spingeva oltre e sembrava che avesse vinto la Le Pen. Ma è andata veramente così? Ed è vero che il Presidente uscente è l’uomo delle élite mentre la sua avversaria rappresenta gli esclusi, i miserabili, per usare un termine simbolo della letteratura francese? Naturalmente è presto per una seria analisi dei flussi elettorali e la disaggregazione dei dati.

Ma guardiamo ai fatti. Il primo dato evidente è che il 58,6% degli elettori non può essere composto solo dai ricchi e privilegiati. Il secondo dato è l’astensione, che ha penalizzato entrambi i candidati, anche se è presto per dire in quale misura. È certo che questa volta il “fronte repubblicano, pur avendo avuto un suo peso, è stato meno compatto rispetto alle precedenti presidenziali. Ma questo aumenta il valore del successo di Macron.

Si è detto che la Francia è più povera e ha un disagio diffuso. Se guardiamo ai numeri non solo queste affermazioni sono, diciamo, esagerate, ma ci fanno dire che il Presidente ha vinto proprio per l’economia. Ovviamente la pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina hanno colpito i ceti medio-bassi, ma meno di quanto si pensi. Nel pieno del conflitto russo-ucraino, a marzo la Francia ha registrato un’inflazione su base annua del 5,1%, ben al di sotto della media del 7,5% dell’Eurozona. Il pil è arrivato al 7%, il maggior aumento dell’Ue. Ma il successo maggiore è quello relativo alla disoccupazione: il 2021 si è chiuso con il tasso di disoccupazione al 7,4% recuperando non solo rispetto ai livelli pre-pandemia, ma anche rispetto ai valori precedenti alla crisi finanziaria del 2009.

La Francia è certamente divisa e le linee di frattura sono molte: le città contro le campagne, e nelle mura cittadine ci sono le banlieue contro gli integrati. La politica in materia ambientale ha dei costi e a pagarli sono i ceti bassi. In generale, la Francia ha paura, il futuro appare incerto per i motivi che sappiamo. Ha cancellato i partiti storici che non hanno saputo rinnovarsi e si è data un sistema tripolare che presenta molte incognite perché, ad esempio, Mélenchon può aggregare una sinistra allo sbando, ma non abbastanza per competere con En Marche e l’estrema destra e non è una buona cosa, perché le democrazie hanno bisogno di una sinistra moderna e di una destra costituzionale.

Per ora però i francesi hanno ancora fiducia in Macron e la sua formazione fortemente ancorata al centro è quella che sa raccogliere la Francia dei diritti e della libertà. Di questi tempi non è poco.

Giorgio Ferrari, 25 aprile 2022