Il discorso di Putin con il quale ha tentato di giusitificare l’invasione dell’Ucraina è pieno di falsità. Giorgio Ferrari ci dice perché.
La Storia è una maestra senza allievi, ma con molti che tentano di piegarla ai propri scopi. Putin in questi giorni ce ne sta dando una dimostrazione esemplare. Il suo discorso col quale ha tentato di giustificare l’invasione dell’Ucraina è stato infarcito di riferimenti a un passato manipolato, assai simile a quelli di Hitler sui Sudeti o sulla Polonia. La colpa di tutto secondo lui, si può far risalire a due momenti fondamentali: la decisione di Lenin di creare repubbliche su basi nazionali e il crollo dell’Urss.
L’Urss e l’autonomia delle repubbliche
Sulla prima questione si può semplicemente dire che il leader bolscevico non ha fatto altro che prendere atto di una realtà: quella di nazionalità ognuna delle quali portatrice di una cultura propria viva e presente. La cosa fondamentale però è che a comandare realmente era il Pcus con i suoi quadri locali che rispondevano in tutto e per tutto a Mosca. La Nep dette una qualche maggiore autonomia alle repubbliche, ma nemmeno tanta. Del passato sovietico quindi Putin prende solo quello che gli serve, o che crede gli serva.
Il crollo del gigante sovietico
La dissoluzione dell’Unione Sovietica poi non è stata determinata da trame occidentali: è semplicemente avvenuta per ragioni economiche, politiche, sociali e si, anche per la rinascita dei sentimenti patriottici dei Paesi Baltici e di altri popoli per decenni, se non per secoli, sottomessi ai russi. Sarebbe troppo lungo ripercorrere la Storia di quell’area. Ci limitiamo a citare il fatto cruciale, quello che ha segnato il distacco totale tra il popolo ucraino e il sistema sovietico: l’Holodomor, la grande carestia che provocò lo sterminio per fame di milioni di persone.
Stalin volle cancellare la Nep voluta da Lenin imponendo la collettivizzazione delle terre e requisizioni che non lasciavano ai contadini nemmeno il necessario per vivere. La chiamò la grande lotta contro i kulaki, proprietari terrieri a cui erano stati affidati pochi ettari di terra, ma a pagare il prezzo più alto furono i più poveri, che erano la stragrande maggioranza. Contemporaneamente il tiranno georgiano decapitò i quadri comunisti locali, che disperatamente tentarono di mitigare la sua politica genocida. Da allora tra ucraini e russi, che pure avevano profondi legami storici e culturali, si scavò un solco.
Il sogno dell’indipendenza fu custodito e coltivato fino al crollo del regime. Da allora i discendenti degli antichi vareghi, gente di stirpe normanna insediatasi per prima in quelle terre, hanno fatto capire in tutti i modi di non voler avere niente a che fare con i russi e hanno coltivato un altro sogno: quello di entrare nell’Unione Europea, vista come l’opposto dei regimi oppressivi ai quali sono stati assoggettati per secoli.
Categorie vecchie
Putin però ragiona con le categorie dell’antico regime. Per lui l’autodeterminazione dei popoli, il liberalismo, il rispetto dei diritti umani sono cose, diciamo, fuori moda e ostacoli alla, direbbe Nietzsche, volontà di potenza. Non sono mie illazioni, sono parole sue. Prendiamo la questione dell’allargamento della Nato, utilizzata, anche da molti in occidente purtroppo, come giustificazione all’invasione. Si vorrebbe che il destino dei popoli venisse determinato da accordi tipo Yalta o ancor più il congresso di Vienna: fino a qui è roba mia, poi comincia quella tua. La realtà è che chi è uscito dal comunismo, di stampo sovietico o no, ha voluto fortemente mettersi sotto l’ombrello protettivo dell’Alleanza Atlantica e non ha nessuna voglia di ritrovarsi sotto il tallone russo. Potevamo sbattergli la porta in faccia?
“Denazificazione”
L’ultimo argomento propagandistico che usa Putin, quello della denazificazione, può essere liquidato in poche righe. Certamente ci sono formazioni di estrema destra, ma elettoralmente hanno preso percentuali risibili, assai inferiori di quelle tedesche o spagnole. Infine il presidente Volodymyr Zelenskyj è un ebreo che ha perso molti parenti nella Shoah, e tanto dovrebbe bastare.
Giorgio Ferrari, 5 marzo 2022