Io, liberale contro ogni dogmatismo

Io, liberale contro ogni dogmatismo

Come giudichi la politica di oggi?

Sono venuti a mancare principi di riferimento solidi, e quindi una visione di più lungo periodo. La tendenza è quella di inseguire delle pulsioni. E a volte non sono neanche pulsioni spontanee; sono pulsioni costruite. E qui c’è tutto il tema della manipolazione e della disinformazione. Cose sempre esistite, intendiamoci: anche i grandi oratori del passato manipolavano l’opinione dei cittadini in piazza con l’abilità retorica. Però oggi questi aspetti sono diventati più forti, in assenza di un antidoto che è quello di strutture di partecipazione e di una cultura politica fatta di rispetto della discussione.

In questi anni si sono verificati significativi mutamenti tecnologici che hanno cambiato il modo di organizzarsi e di discutere. Il Movimento Cinque Stelle è stato una conseguenza di questi cambiamenti e ha trovato in una certa fase un grosso consenso nel paese. Vedi un riassorbimento o uno sviluppo di questi fenomeni politici dal basso?

Il successo del Movimento Cinque Stelle è stato condizionato da alcune circostanze. Il fatto che sia stato votato da molta gente che non andava più a votare, in primo luogo. In secondo luogo, la presenza di un clima – diciamo, di una narrazione – favorevole a certi temi. In altri paesi questa cosa non è avvenuta: non sono esistiti fenomeni come il Movimento Cinque Stelle o come l’oscillazione del consenso per la Lega e adesso per Fratelli d’Italia. Questo è stato possibile perché, insieme con l’affermarsi di falsità e mezze verità, c’è stata una delegittimazione quasi completa della classe politica nel suo insieme.

A quando risale questa delegittimazione?

Si tratta di una delegittimazione a cui non fu estraneo l’arcipelago mediatico di Berlusconi, il quale – non dobbiamo dimenticarlo – cavalcò Tangentopoli: i suoi giornali e le sue televisioni non si schierarono certo a difesa del garantismo. Anche altri, collocati a sinistra e a destra, hanno fatto la stessa cosa: hanno approfittato di un certo clima, che peraltro avevano contribuito a creare.

Ci sarebbe spazio, a tuo avviso, per una forza d’ispirazione liberale?

Vedo l’esigenza di rafforzare alcuni elementi di liberalismo che si sono imposti con la forza delle cose. Alcuni aspetti sono oggi imprescindibili per la civilizzazione. Al di là di certi ricorsi e di talune oscillazioni, non vedo conclusa la grande era liberale moderna che si è avviata con l’illuminismo. Credo che possa esserci spazio per una formazione politica più nettamente attenta a questi aspetti. Sebbene queste idee siano intrecciate strettamente con la realtà delle cose, c’è il problema di una coerente evoluzione di questi temi, per evitare che possa esserci un periodo di offuscamento. L’autoritarismo potrebbe riaffacciarsi in forme nuove.

Ciò che avviene fuori dai nostri confini genera paure e interrogativi. Come orientarsi in un mondo sempre più complesso? Esistono dei principi non negoziabili nella politica internazionale?

Mi ha molto colpito un recente articolo di Sabino Cassese. Diceva: oggi questi principi generali, che riguardano il modo di relazionarsi all’interno della società umana, sono o non sono affermati a livello universale? Lo sono, perché sono stati sanciti dalle organizzazioni internazionali. A solidi motivi sostanziali se ne aggiunge uno non secondario di natura formale. Io la penso come lui. Per parte mia, non ritengo negoziabili questi valori. Credo che ogni persona abbia certi diritti fondamentali. Su queste cose non bisogna avere alcun cedimento.

Sono quindi valori esportabili?

Penso che dobbiamo esportare questi valori, a livello di individui e di popoli. A livello di governi, bisogna evitare di rafforzare quei regimi che non siamo in linea con la legalità internazionale. Alla fine, credo che lo scontro tra le civiltà esista: non tra popoli bensì tra concezioni della vita. È un fatto. Il punto è che anche una religione dogmatica (come le ideologie dogmatiche) deve adattarsi a uno stato moderno, accettando la libertà di espressione e il fatto che si possa anche essere contro quella religione (o contro ideologie dogmatiche). E i principi di visioni religiose o ideologiche dogmatiche non possono diventare legge dello stato.

Diciamo che il principio non negoziabile è la laicità?

Il principio di laicità, nel quadro vasto delle libertà individuali e collettive, ci libera di tanti condizionamenti. Per me la laicità è la riduzione a livelli non politici della dimensione religiosa. Questa dimensione deve rimanere a livello individuale e comunitario. Chi vuole andare ad ascoltare un prete o un imam è libero di farlo e, ovviamene, di seguirne personalmente gli insegnamenti (che non confliggano con libertà e diritti altrui), ma non di costringermi a partecipare, condividere, uniformarmi. Questa deve rimanere una scelta privata e volontaria.

Hai una formazione di tipo tecnico-scientifico. La nostra società – per quanto progredita e tecnologicamente avanzata – sembra attraversata da sentimenti di ostilità verso la scienza. Quali sono le cause di questo atteggiamento?

Purtroppo è così. Questo tipo di posizione antiscientifica è certamente legittima come libertà di pensiero e di espressione, ma va a scontrarsi con i fatti. Le verità scientifiche – per quanto limitate – tali sono. La forza di gravità è quella: se cadi dalla finestra del quarto piano, te ne accorgi. Tuttavia, la scienza non afferma delle verità assolute. Possono essere smentite e richiedere delle evoluzioni: la forza stessa della scienza consiste soprattutto in questo, non ha modelli eterni. A volte si adottano anche delle ipotesi assurde rispetto a un fatto osservato. Ma ciò ha creato l’illusione che qualunque ipotesi abbia la stessa dignità. E invece no: ci sono delle ipotesi che reggono, attraverso rigorosi e replicabili processi di verifica, e che poi, consolidate,  possono anche trovare applicazioni tecniche e generare tecnologie fondamentali. Molte di queste, paradossalmente, sono in pratica unanimemente considerate insostituibili. Altre ipotesi invece non reggono neanche a preliminari verifiche.

Questo approccio risulta difficile da comprendere?

Accettare un approccio che assume nel contempo un pensiero critico, che riconosce la complessità del mondo e che si assume la responsabilità di utilizzare concretamente i risultati via via acquisiti richiede una cultura conforme ed un atteggiamento mentale coerente. La scienza assume un metodo che non consente la sopravvivenza di ipotesi balorde. Questo è il metodo scientifico, che spesso non viene compreso da tutti. La scienza non va d’accordo con interpretazioni dogmatiche; è aperta alla revisione continua (e in questo vedo un parallelismo con l’idea liberale). L’ostilità verso la scienza nasce da ragioni culturali: anche perché, se io credo al fatto che il sole gira attorno alla terra perché è scritto in un libro sacro, faccio fatica ad accettare che non sia così. È inoltre più semplice e rassicurante affidarsi passivamente a immutabili “rivelazioni” terrene e/o trascendenti. Sono tuttavia ottimista: il processo per la diffusione della cultura scientifica è difficile ma inarrestabile.

Internet ha alimentato la diffusione di bufale?

Secondo me, lo strumento tecnico è neutrale. È certamente un amplificatore, ma se immaginiamo che sia l’unico fattore in campo facciamo un errore, perché se così fosse non avremmo alcuna possibilità per operare. Poi certamente le tecnologie devono essere messe in campo in modo trasparente e usate in modo non monopolistico. Il fatto che siano concentrate in poche mani non va bene; per questo bisogna regolarle. Le moderne tecnologie permettono la diffusione di teorie strampalate, ma permettono anche la diffusione di una corretta informazione.

E la corretta informazione viene adeguatamente diffusa?

Spesso non si controbatte alle stupidaggini che vengono dette, e non soltanto in campo scientifico. Così non si riesce a ristabilire un equilibrio tra le cose vere e le idiozie. Pensa a tutte le bufale che diceva Beppe Grillo: non mi pare che ci sia stata una controffensiva adeguata. Pensa alla Meloni e alle sue teorie fantasiose o ai suoi giudizi squilibrati: quando attacca i francesi sul colonialismo, nessuno le ricorda che i fascisti hanno usato i gas in Etiopia. In un certo periodo la Meloni era contro l’euro e proponeva di stampare moneta “sovrana” a rotta di collo: un meccanismo da Repubblica di Weimar, che innescherebbe inflazione incontrollata e la rivolta sociale. Ecco, bisognerebbe che queste cose fossero contrastate come si deve. Un po’ come sta accadendo adesso con i no vax.

Come si può contrastare la disinformazione?

È il compito di minoranze consapevoli, determinate a svolgere il proprio ruolo. Non puoi pretendere che la generalità della popolazione si occupi di tutto. Peraltro, chi ha fatto parte del sistema politico di una volta partiva anche da questo presupposto: quello di impegnarsi ad avere un ruolo di questo genere.

Quale può essere il contributo al dibattito politico odierno di un’associazione come “I Liberali”?

Tutte le iniziative che promuovono una discussione aperta, con un’impostazione che parta dai fondamentali dell’idea liberale e da una matrice scientifica, sono importanti. Possono contribuire a realizzare un contesto più favorevole anche all’esistenza di una componente – autonoma oppure all’interno di un soggetto politico – che possa servire a orientare il paese in una certa direzione. Non è certo la panacea di tutti i mali, l’elemento decisivo; ma fa parte degli strumenti utili allo scopo.

Saro Freni, 17 settembre 2021