Stabilimenti balneari: l’ultima spiaggia per la concorrenza

Stabilimenti balneari: l’ultima spiaggia per la concorrenza

La sentenza del Consiglio di Stato contro la mancata applicazione della direttiva Bolkestein potrebbe essere una svolta. Ora il governo deve legiferare sul tema.

“Ci sarà pure un Giudice a Berlino!” esclamò il mugnaio Arnold, vessato dal barone von Gersdorf e perdente davanti ai corrotti giudici di Potsdam, quando decise di rivolgersi al re Federico il Grande per ottenere giustizia. E così fu, visto che il sovrano, magistrato supremo, esaminate bene le carte, diede ragione al povero mugnaio. La vicenda ha contorni storici non del tutto definiti, ma il senso è chiaro: bisogna coltivare la speranza che pur tra mille difficoltà e tentativi possa infine trionfare la giustizia.

La sentenza del Consiglio di Stato

Ebbene, la sentenza del Consiglio di Stato pubblicata martedì scorso potrebbe portarci a dire che un giudice c’è persino a Roma. Andiamo con ordine. La direttiva europea n. 123 del 12 dicembre 2006 (meglio conosciuta come “direttiva Bolkestein”) imponeva a tutti gli Stati membri di approvare delle normative che prevedessero la messa a gara delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico-ricreativo (in buona sostanza per gli stabilimenti balneari).

L’Italia si è finora rifiutata di legiferare in tal senso, nonostante nel frattempo fossero intervenute sentenze della Corte di giustizia europea (che hanno valore di Legge costituzionale), della Corte costituzionale e di alcuni Tar, nonché le reprimende dell’Autorità Antitrust e della Commissione europea, unanimi nel dichiarare l’illegittimità della situazione. Recentemente era stato il decreto-legge del maggio 2020, che prorogava automaticamente fino al 2033 le concessioni in essere, a finire sotto la lente di Bruxelles, finché pochi giorni fa il Consiglio di Stato ha tagliato il nodo gordiano.

I principi della sentenza

I giudici di Palazzo Spada, invero, hanno stabilito dei principi cristallini.

1. In primis hanno constatato che il giro d’affari del settore può essere stimato in 15 miliardi mentre lo Stato ricava poco più di 100 milioni dai concessionari di quasi 27.000 stabilimenti. È evidente che una percentuale così bassa non ha giustificazione economica e che l’asta per l’assegnazione del diritto allo sfruttamento del demanio marittimo dovrebbe portare molti più soldi nelle casse del Tesoro.

Aggiungo che un liberale dovrebbe essere contento di questo, perché è molto più sensato – come aveva intuito Adam Smith – che i proventi del fisco siano legati a benefici direttamente percepibili dal cittadino rispetto a una tassazione indifferenziata. Con il denaro degli ombrelloni si potrebbe ridurre l’Irap, ad esempio.

2. Inoltre, la competizione, lungi dal produrre perdite di posti di lavoro, porterebbe solo più efficienza e opportunità a nuovi entranti più capaci di gestire le spiagge, aumentando altresì la domanda grazie a un’offerta migliore. Il Consiglio di Stato ha perciò constatato che la legge di proroga è contraria al diritto comunitario (e probabilmente alla Costituzione e al diritto di libera iniziativa economica) e quindi deve venire disapplicata da qualsiasi organo dello Stato, giudice o pubblica amministrazione che sia.

Draghi fortunato…

La direttiva Bolkestein è del tipo “self-executing”, cioè direttamente applicabile, poiché già contiene i postulati di trasparenza, neutralità, economicità cui devono ispirarsi le gare. Anzi, ogni ulteriore proroga legislativa o amministrativa o norma attuativa che non rispettasse i principi concorrenziali sarebbe illecita: “tamquam non esset” secondo i togati, i quali si assegnano pure una funzione para-legislativa (“nomofilattica” per i feticisti del diritto). Consci che ci vuole un periodo di transizione essi hanno difatti concesso una mini-dilazione valida fino al 31 dicembre 2023.

Il presidente Draghi è molto bravo, d’accordo, ma anche fortunato: l’aspetto più contestato del ddl governativo sulla concorrenza della settimana scorsa era stato proprio il rinvio di un’azione decisiva sul tema delle concessioni balneari, stabilendo un periodo di 6 mesi per una un po’ pleonastica ricognizione della situazione attuale. Ora da Palazzo Spada hanno tolto l’incomodo di dover attendere troppo a lungo e il governo ha la possibilità di legiferare velocemente in favore della concorrenza e con un testo già quasi completamente scritto. L’auspicio e che non si perda tempo, il mare ci aspetta.